Amore senza Approdo
(Tokyo Designer’s Week 2006)
A Tokyo, da qualche tempo, la prima settimana di novembre accende di pulsioni creative il cuore consumistico della città. Un inconsueto villaggio globale nomade colora le vetrine dei negozi, riempie le sale espositive e regala idee ed oggetti, provocazioni e speranze, colori e parole a chi ricerca lo stupore del nuovo. Il 2005 parlava della Rivoluzione del 1968 e quella referenza impegnativa si proponeva di provocare una rivoluzione nel design contemporaneo. Ma qualsiasi rivoluzione che parta da ideali irrinunciabili e dalla fame di un futuro cronicamente incerto, ha sempre in grembo giustificazioni dove denaro e passione sono comprimari. Il passo è breve, e il tremore impazzito dei nostri tempi ha suggerito il tema del Tokyo Designer’s Week 2006: Amore.
Per cinque giorni, designers, associazioni, scuole, ambasciate, aziende d’ogni genere si sono riunite per esibirsi, esporre, dibattere, conoscere, scambiarsi opinioni e, perché no, far festa. Il cuore della manifestazione ha pulsato nel suggestivo spazio aperto di Jingu Gaen, condiviso dai 160 espositori del grande padiglione del 100% Design Tokyo, dai 36 containers della Container Exhibition e dalla Student Exhibition, vasta corte colma delle 600 opere create dagli studenti di 60 scuole di design giapponesi. Percorsi capillari invece si diramavano nel tessuto cittadino e permeavano Harajuku e Omotesando, Aoyama e Roppongi, Shibuya e l’immenso dominio del “futile necessario” impadronitosi dei tanti poli radianti tokionesi, attraverso la Shop Exhibition.
Oltre a ciò, svariate tipologie espositive hanno funzionato da appendici promozionali dell’intero evento, alcune delle quali senza mancare d’interessanti valenze sociali: la Professional Exhibition è stato il punto d’incontro tra aziende produttrici e designers d’ogni settore, alla ricerca di mecenati investitori su idee nuove; la Designer’s open Studio s’è avvicinata ancor di più alla sorgente e ha aperto alcuni studi di progettazione agli studenti di design e a chiunque fosse stato interessato, con workshops, seminari, dibattiti aperti; infine la Design Wrapping Bus ha decorato d’arte le navette di collegamento tra l’epicentro espositivo e gli ipocentri di negozi, parrucchieri, bar e ristoranti in cui presentazioni delimitate hanno contaminato fruizione artistica e ristoro disimpegnato.
Se Amore è Incontro, allora la Tokyo Designer’s Week è riuscita a sposare l’immensa capacità sintetica della creatività giapponese e il suo estremo bisogno di ricerca estetica, con le fronde eterogenee di design e produzione globali: per la prima volta, 100% Design, la più influente manifestazione inglese di design, sbarca a Tokyo e si afferma come la più grande esposizione di design contemporaneo mai organizzata in Giappone. Tra pezzi d’arredamento per la casa, il bagno o la cucina, tra il tessile e l’illuminazione e gli accessori d’ogni genere, ha colpito la ricerca tecnologica d’avanguardia e il tocco romantico del 2 < 1 disegnato da Naoki Kambe per I-Design: sottilissime strisce luminose che, riflesse, raddoppiano e affermano quanto l’esistenza di 2 persone unite da Amore vada oltre l’esistenza stessa. Suggestionati dalla luce soffusa galleggiante delle spirali d’alluminio di TURBO, creato da Louis Weisdorf nel 1965 ma rivisitato e prodotto dalla giovane coppia di designers danesi Bald & Bang, abbiamo realizzato come la semplicità del fare possa contenere il fascino misterioso dei contorni chiaro-scuri. Il designer di motociclette Atsushi Ishiyama ci ha fatto sorridere, forse imbarazzare, di fronte alle forme insieme buffe ed erotiche di EVE-2006, tra il desiderio lungo una vigilia e l’amore che vive nel grembo di una madre.
Ma se Amore è anche Scelta, preferiamo i containers: rigidi, freddi e costrittivi, in cui celebri aziende o singoli designers hanno trasformato un parallelepipedo di 3m x 3m x 6/12m in uno spazio mutante d’esperienze multimediali, installazioni materiche, effetti luminosi, sottofondi sonori, performance musicali, suggestioni. Privi di contenuti significanti ma ricchi di forma impattante, i “containers aziendali” hanno tentato di ottimizzare le proprie strategie di marketing: foderato da centinaia di rotoli di carta igienica, l’esilarante TSUKU MARKET; i papaveri rossi di KENZO parlano di gentilezza e crescono dal bagliore della luce di un bozzolo di cotone; il blu avvolgente di SANYO suggestiona con memorie futuristiche lunari.
Tra i singoli designers che hanno vinto il concorso per il Container Ground, gli inglesi VIABLE disegnano uno scintillante night club ripieno di fenicotteri in cerca d’amore, senza sapere che pochi, solo due, sono veramente compatibili; mentre l’esplorazione della comunicazione tra gli umani, spinge ARUP, con i suoi designers Tristan Simmonds e Jennifer Greitschus, a progettare il nebbioso Envois, trasformando un sushi bar in un postcard bar: davanti a cartoline rotanti, i visitatori scrivono messaggi al mondo o al primo sguardo complice seduto di fronte, ignari del mondo che ogni parola porta con se.
Alla fine di questa 5 giorni d’immersione totale in un mare d’oggetti ammiccanti ed elaborazioni meticolose, resta il pensiero che in fondo Amore è stato il paravento ideologico patinato di un’enorme macchina organizzativa che investe del denaro per guadagnarne molto di più. Forse è così, ma, lontano dal caos cromatico, ci rimane impresso nella mente il valore assoluto d’una giovane artista giapponese, Tomoko Ichimura. Accompagnata dalle musiche ondulate del sound artist inglese Robin Anthony Coe, concepisce Visuals e, con disarmante semplicità, esprime i suoi “the layers of hearth”: con traiettorie acriliche apparentemente irregolari e strisce di stoffa strappata che volteggiano tra punti casuali, ci racconta come Amore sia tutto intorno, conscio o inconscio, ordinario o straordinario, con percorsi che si intrecciano, sovrappongono, senza fine. Per cinque giorni lei continua a disegnare senza sosta, ascoltando le vibrazioni di quel luogo e di quel tempo, senza un punto d’arrivo, senza un approdo che Amore non preveda.